SONNO: TRA INNATO E APPRESO
“Forza piccolo addormentati….
dormi tutta la notte…
ma perchè non riesci in questa cosa così naturale ?”
Il sonno vira tra l’innato e l’appreso . Dormire ed addormentarsi sono capacità innate ma che già dai primi mesi di vita vengono fortemente condizionate da quanto apprende il bambino .
Un ruolo importante lo rivestono le modalità e gli atteggiamenti di chi si prende cura del bambino che danno luogo alla capacità di “autoregolazione”. Parola difficile ma che è alla base del nostro benessere.
Il genitore è il primo osservatore dei ritmi del neonato . Ritmi che dipendono dal temperamento del bambino e da come il genitore li armonizza coi ritmi e gli impegni della famiglia.
I bambini sono molto diversi tra loro. Differiscono nei livelli di attivazione emotiva, regolazione del loro stato, nei livelli di sensibilità e nella capacità di calmarsi da solo.
Come consulente del sonno posso dire che l’ autonomia nel dormire è una competenza che va stimolata in modo molto graduale.
Nei primi mesi di vita il bambino è dipendente da chi si prende cura di lui . E rimane dipendente per molto tempo. Le sue competenze sono limitate sia a livello fisiologico che a livello emotivo . Gli apprendimenti che stabilizza fin dai primi mesi sono dei gradini che andranno strutturando la sua capacità di dormire.
E’ fondamentale allora avere delle aspettative realistiche su quello che un bambino può fare e cosa no. Il rischio è aspettarsi che dorma tutta la notte di filato quando non è assolutamente fattibile. I cicli sono di 50-60 minuti e tra un ciclo e l’altro può avvenire il risveglio .
Da qui capiamo perchè possono essere frequenti i risvegli notturni. E questa è la fisiologia , ciò che è innato.
COME SI FORMA LA CAPACITA’ DI AUTOREGOLAZIONE
Autoregolarsi è la capacità di regolare i propri stati fisiologici ed emotivi . Questa è la parte che viene appresa.
Gli psicologi sanno quanto è importante questa competenza quando poi da adulti ci accorgiamo che non riusciamo a contenere certe emozioni o a tenere a bada certi comportamenti compulsivi.
Farsi trascinare da emozioni come una rabbia continua, un’aggressività sottotraccia, una tristezza costante.
O ancora quando non riusciamo a regolare certi comportamenti che ci fanno stare male. Mangiare senza avvertire senso di sazietà, utilizzo di sostanze che creano dipendenza , fumare, passare da una relazione all’altra, parlare in continuazione , e altri situazioni che non regoliamo.
I genitori modulano gli stati fisiologici del piccolo, come l’alimentazione, il sonno , la veglia intervenendo quando pensano sia il momento o quando il bambino avverte. E modulano anche i suoi stati affettivi contenendo o espandendo gli affetti positivi e quelli negativi.
LA CURA DEL GENITORE PER COSTRUIRE L’AUTOREGOLAZIONE
L’autoregolazione prima di divenire AUTO viene modellata dall’esterno e si parla di eteroregolazione. Sono i genitori che danno al bambino l’esempio di cosa sia regolazione, intervenendo e rispondendo alle sue richieste nei tempi adeguati, richieste che esprime all’inizio col pianto. Dopo svilupperà l’uso della parola.
Questo intervenire come una danza crea le basi neurologiche dell’autoregolazione nel cervello del bambino.
Il bambino, dal canto suo, percepisce una sensazione di regolazione quando tutto torna a posto, quando dopo un momento di scompiglio viene ripristinato il suo equilibrio.
Quando, ad esempio, ha fame e piange disperato, se la madre lo soddisfa entro un tempo breve, il bambino vive la sensazione di regolazione. Così come quando ha sonno ed i genitori lo aiutano ad addormentarsi ai primi segnali, oppure ha freddo e viene vestito, o ha necessità di ricevere sicurezza e viene accudito. In queste situazioni le necessità fisiologiche del bambino incontrano le risposte dei genitori e nascono gli apprendimenti.
Quando il bambino passa dallo stato di veglia a quello di addormentamento entrano in gioco meccanismi omeostatici fisiologici (fame, sete, temperatura, dolore, ciclo buio-luce, rumorosità) tutti devono essere a posto per favorire il sonno. E lo stesso vale per i processi emotivi, affettivi e sociali: doversi separare dai genitori, voler continuare a stare e giocare con loro, voler sentirsi rassicurato. In queste situazioni la fisiologia del bambino ricerca una regolazione dall’esterno, una eteroregolazione.
Se qualcosa non è stato adeguatamente regolato ecco che il sonno del bambino subisce delle interferenze.
QUALI MODALITA’ DI ADDORMENTAMENTO FAVORISCONO L’AUTOREGOLAZIONE?
Anche i modi che i genitori utilizzano per intervenire nel sonno dei loro piccoli influiscono nell’acquisizione di una autoregolazione .
Il sonno del bambino si struttura sulla regolazione esterna, prima di diventare autoregolazione.
Vediamo cosa può fare la differenza :
- INTERVENTO SI. Intervenire per tempo alle richieste del bambino. A partire dalla nascita, il neonato dagli 0 ai 3 mesi di vita si trova in una condizione di totale dipendenza dal genitore. Il genitore rispondendo prontamente , gli rimanda la sua competenze nel saper chiedere e ottenere soddisfacimento. Il bambino impara come soddisfare un certo suo bisogno e che tempi ci sono . Nei primi 3 mesi di vita spesso il bambino si addormenta in braccio, cullato o al seno. Si sveglia frequentemente e ha l’esigenza di essere tranquillizzato. Questi interventi ripristinano l’equilibrio .
- INTERVENTO NO. Non sempre i risvegli richiedono l’intervento diretto del genitore. Spesso si tratta delle cosiddette transizioni, il passaggio dal sonno REM a NREM e viceversa . Momenti in cui il neonato sembra svegliarsi, invece sta passando ad uno stadio all’altro di sonno. Il bambino comincia ad autoregolarsi quando impara ad attaccare il sonno REM al sonno NREM e così struttura la possibilità di addormentarsi in maniera autonoma. Ma questi meccanismi omeostatici e regolativi cominciano ad instaurarsi già intorno ai 3 mesi di vita. In questi casi è bene non intervenire ma lasciare che il piccolo si svegli e si riaddormenti .
- INDIVIDUARE MODALITA’ DI ADDORMENTAMENTO ADEGUATE ALL’ETA’ . Ad esempio addormentarsi in braccio e al seno è una modalità più adeguata nei primi mesi di vita. Intorno all’anno di età può diventare un’interferenza.
Non sto dicendo che allattare oltre l’anno sia un problema, anzi ben venga. Il fatto è che quando il bambino comincia a diventare più grande di vita, addormentare il piccolo al seno o tenendolo in braccio può interferire col sonno . Questo perchè quando il piccolo si risveglia ricercherà quella modalità e avrà bisogno di una regolazione esterna. Così fatica a strutturare meccanismi interni di regolazione.
Si possono allora sperimentate modalità più “distaccate” di addormentamento. Come restare vicini al piccolo, tenere una mano su di lui, cantargli un canzoncina. Questo per aiutarlo ad acquisire meccanismi di autoregolazione interni. Tutte modalità da sperimentare, perchè ogni famiglia struttura le sue.
INTERVINIRE TROPPO PRESTO O TROPPO TARDI ……
Un genitore che previene, anticipa le richieste del bambino non sempre aiuta il piccolo a costruire la sua capacità di regolazione .
Quando c’è qualcuno che ci fornisce risposte prima del tempo, chiunque non ha modo di contattare i suoi bisogni e di conoscere cosa gli provocano, come soddisfarli e di che tempi ha bisogno.
Ad esempio quando il genitore sente il bambino muoversi o emettere suoni e si allerta , si alza o lo sposta svegliandolo. Il genitore interferisce per troppa solerzia , per un intervento prima che ci sia la richiesta. In questo modo il bambino non può apprendere ad attaccare le varie fasi di sonno .
Altra situazione è quella del genitore che interviene molto dopo che il bambino ha espresso la sua necessità. Il genitore può non riconoscere i richiami o ha da fare ed interviene fuori tempo. In questo modo il bambino può percepire un senso di abbandono, sensazione molto spiacevole . Succede che il bambino possa aumentare il suo sistema di attaccamento, per difendersi dalla paura di essere abbandonato. Allora diventa più “appiccicoso”, richiede di stare sempre coi genitori, fa di tutto per non staccarsi da loro. Anche il sonno può risultare più disturbato sia nell’ addormentamento che nei risvegli. Il timore di perdere i genitori lo porta a combattere con il sonno pur di non staccarsi.
Ad ogni nucleo familiare la sfida di trovare il giusto equilibrio.